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che pregevolissime, che vi sono ancora custodite con somma gelosia, dalle quali rilevasi che nell’undecimo Secolo gli abitanti aveano della familiarità coll’oro, e colla seta. Dall’obbedienza de’ Re d’Ungheria passarono alla dipendenza di Feudatarj Veneziani; indi direttamente sotto il Dominio della Serenissima Repubblica, che vi tiene un Patrizio col titolo di Conte, e Capitanio, dignità ch’era coperta con sommo decoro, rettitudine e prudenza nel tempo ch’io fui colà del N. U. s. Tommaso Barozzi, di cui resterà lungamente il desiderio ne’ cuori degli onesti Cittadini.

La popolazione di tutta l’Isola non oltrepassa di molto le tremille anime distribuite in poche Parrocchie, alle quali con poca quantità di Sacerdoti si può supplire. Per una mostruosità insopportabile, e di gravosissime conseguenze a questo picciolo numero d’abitanti, è addossato il carico di tre Conventi di Frati, e tre di Monache, oltre al riflessibile aggravio di quasi sessanta Preti malissimo provveduti. Questo Clero è governato da Monsignore Giannantonio dall’Ostia, ottimo, e dotto, ed umanissimo Prelato, adorno di tutte le qualità necessarie al suo stato, e di tutte le virtù sociali, che costituiscono il vero, e rispettabile Filosofo.

Il clima d’Arbe non è de’ più costantemente felici; la stagione invernale vi è orrida, e agitata da venti Boreali violentissimi, i quali non di raro trasformano in Verno anche le stagioni intermedie, e giungono talvolta a far disparire la State. Gravissimi danni apportano all’Isola questi venti nella stagione rigida, e in Primavera. Due anni sono, intorno a dodicimila animali da lana vi perirono di freddo in una sola notte pei pascoli comunali della Montagna, dove secondo l’uso