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gere, che S. Pietro non è a Ponente, nè presso al Porto di Milna1.

L’Isola della Brazza è tutta montuosa ed aspra. V’ànno de’ gran tratti di paese nella parte più elevata

  1. Fa d’uopo che il cel. Signor Busching sia stato mal servito da’ suoi corrispondenti, o abbia bevuto a cattive fonti quando scrisse della Dalmazia. Io non ò avuto sotto gli occhi il Volume della sua Opera, dov’è parlato di questa Provincia, se non tardi; e quindi non ò potuto accennarne le principali inesattezze al luogo loro. Protesto, che nessuno spirito d’ostilità mi anima contro il benemerito Uomo; pur troppo ciascuno è soggetto a scrivere delle cose poco esatte! Ma credo di rendere un vero servigio ad esso non meno, che a’ di lui Leggitori, avvertendoli d’alcuni errori non sopportabili; così vi fosse chi lo correggesse di Provincia in Provincia! la di lui fatica diverrebbe utile. Non è vero, che i Dalmatini (N°. LI. p. 75. ed. di Firenze) sieno di Nazione, e di Religione Greci; v’à una parte di essi, che segue il rito Greco, ma non è la maggiore. Nona è ancora un aggregato di rovine tanto lontano dell’essere una buona Fortezza (pag. 76) che appena si può più chiamarla Città murata. La Vrana (p. 77) lungi dall’essere uno de’ più deliziosi luoghi della Dalmazia, è un orrido monte di macerie, disabitato, e inabitabile. Knin (p. 78) è bagnato dal fiume Butimschiza, non dalla Bolisniza, e non è Sede d’un Vescovo. Dernis (p. 79) non è una Città di poco momento, ma un povero Villaggio; e la Cattedrale di Sebenico non è nel Castello, quando non vi fosse stata portata di fresco. Così non è una Città Clissa (p. 80); nè la strada, che conduce in Turchia, passa vicino a quella Fortezza per una Valle, ma sul dorso della Montagna. Salona non era situata in una bella pianura, ma alle radici, e sulle falde d’un monte; nè era traversata dal rivo Salona, ma bagnata esteriormente dal fiume di questo nome. Tralascio molti altri minori sbagli, stroppiamenti di nomi, errori di posizione, che farebbero una lunga diceria. Mi sorprende però, che non solo in parlando della Dalmazia, ma rendendo anche conto di Città ragguardevoli, e notissime d’Italia egli dica delle ridicole stravaganze. Non è l’ultima quella, ch’egli scrive, fra le innumerabili altre, di Venezia (p. 29) garantita contro la fame dai pesci, che gli abitanti possono prendere stando sull’uscio delle loro case; è poi vergognosa cosa il non sapere il valore del nostro Ducato, e fissarlo a L. 7. ½, com’egli era anticamente. Di Padova, di Vicenza,