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ch’eglino sono lavorati a scalpello nella pietra, che forma il picciolo colle, poi ricoperti di lastre di marmo, e serpeggiano sotto le rovine. Un uomo può entrarvi a quattro mani senza molto disagio; il maggiore di essi à due piedi d’imboccatura, il minore poco più d’un piede. La pietra, in cui lavorarono gli Equensi, è oltre modo tenera, e quasi farinosa. Io ne ò raccolto un esemplare appunto vicino alla bocca dell’Acquedotto minore; ella à qualche analogia colla pietra scissile di Bolca della spezie meno compatta; non vi si vedono frantumi, o reliquie d’animali marini; contiene però alcuna fogliuzza d’Alga, o almeno qualche cosa che all’alga somiglia di molto. Questa spezie di pietra non soffre il freddo, e credo che si sfogli al calore del Sole dopo la pioggia; quindi si è perduta l’Iscrizione, cui trovammo esposta all’intemperie. Il P. Coronelli nomina questo luogo Nojac, segnando che fu preso a’ Turchi dal Generale Valiero del 1685. Il Lucio nelle Memorie di Traù lo chiama Chgliucich. Il Luccari, Annalista Raguseo, non ricordandosi che ’l dittongo mette alcuna volta delle gran differenze ne’ significati delle parole, nè avendo consultati gli antichi Geografi pretese, che la Colonia Equense fosse intorno a sei miglia lontana dall’antica Epidauro, in un luogo che adesso chiamasi Cogniz: ma egli non avea badato agl’Itinerarj antichi, da’ quali poteva essere chiarito dell’error suo. Cogniz poteva essere il sostituito a un Equilium, se in que’ contorni vi fosse anticamente stato un luogo di questo nome tratto da’ cavalli. Kogn in Islavo significa Equus, cavallo, non cosa che abbia relazione alla Giustizia, come significa Æquum. Andando da Æquum verso Scign trovasi un considerabile numero di colline sparse con amenissima maestria, e coperte di grandi alberi, appresso i quali le capanne loro sogliono