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naro. Gettammo varj pezzi di sassi bianchi nell’acqua limpidissima de’ laghetti, e per quasi un minuto gli accompagnammo coll’occhio, poi li perdemmo di vista senza che avessero toccato il fondo. Vollimo anche assicurarci del corso di quelle acque, che pella scrupea ineguaglianza de’ luoghi, dai quali passano, deggiono necessariamente perdere l’impeto del corso loro naturale, e sembrano quasi stagnanti. Alcuni pezzuoli di carta ci chiarirono però del vero, lentamente movendosi secondo la direzione dell'acqua ne’ pozzi, che sono pur chiusi tutto all’intorno. Io sperava di vedere qualche pesce in que’ luoghi sino allora intentati: ma non potei scoprirne veruno, sia perchè non ve n’abbiano veramente, sia perchè il comparire de’ lumi, o piuttosto il romore delle voci alte, e numerose gli avesse spaventati, e fatti fuggire più addentro.
Uscito dalle Caverne contentissimo d’esservi entrato sì la prima che la seconda volta non mi potei trattenere dal dare un’occhiata alle alte montagne, che fiancheggiano il corso attuale della Cettina, le vette delle quali attraversò indubitabilmente un fiume ne’ secoli antichi, e second’ogni probabilità quel medesimo, che ora parte sotterraneamente, parte alla scoperta per nuovo cammino portasi al mare, lasciando abbandonati per sempre i vasti letti di sassi fluitati, fra’ quali errando liberamente scavavasi gli alvei temporarj a cappriccio ne’ tempi più lontani da noi.
Gli abitanti delle campagne bagnate dal fiume Cettina, ch’erano ne’ tempi andati soggetti al Governo Ottomano, e più frequentemente trovavansi a portata d’esaminare gli accrescimenti del fiume, osservarono che questi aveano una costante analogia coll’escrescenza del Lago di Busco-Blato, venti buone miglia lontano dalle sorgenti di Jarebiza di là dalle montagne. Eglino