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ce della decozione un cerume di color incarnato; l’acqua, in cui bollirono le Galle, restò tinta di rosso-giallognolo.

Io ne serbava parecchie da me staccate con diligenza, senza ferire l’animale nascostovi, in uno scatolino, cui per varj giorni non badai punto, distratto da altre occupazioni. All’aprirlo trovai con mia sorpresa, che n’erano usciti innumerabili granellini rossi, i quali esaminati sotto’l microscopio mi si fecero conoscere per ova allungate a somiglianza dei boccioli de’ bachi da seta. Niun vestigio di verme; o di mosca rinvenni nella scatola; nè sospetto che potessero esserne usciti mi potè venire, perch’ella chiudevasi esattamente a vite. Riposi, avendola prima diligentemente chiusa, la mia scatoletta; e quattro o sei giorni dopo, riapertala, vidi un innumerabile esercito d’animaluzzi rossi, che da prima mi parvero aver ali bianche, ma che poi esaminati colle lenti mi si fecero conoscere apteri, da sei piedi, e non ancora del tutto liberi dal guscio dell’ovo, cui portavano su la schiena, in guisa d’ale sollevate, ed unite. Io li rinserrai nella loro prigione, dove morirono in pochi giorni di fame. Non si trovavano nelle campagne de’ contorni di Zara fichi popolati da quest’insetti; e quindi rinunziai al desiderio di veder più oltre. Poco tempo dopo ne rinvenni sull’Isola della Brazza, e in molte Galle, o Crisalidi sorpresi un verme, che mi fe girare il cervello: ma dopo d’avervi ben pensato, io pendetti a crederlo un usurpatore, anzi che un abitator naturale della casa. E vie più in questa opinione mi confermai allora quando mi venne fatto di trovare gl’insettini rossi erranti pe’ rami, indi mezzo istupiditi, e strettamente aderenti alla corteccia. Io mi prometto di riosservarli diligentemente, se mi si presenteranno di nuovo in opportuna stagione. E tanto più mi cresce la voglia di farlo,