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assai ovvia fra le argille di Brendola, e di Grancona nel Vicentino.

I fanciulli del paese mettono la carestia di esemplari ben conservati sì delle Nummali, che degli Elmintoliti raccogliendoseli pe’ loro giuochi. Eglino sanno anche il vero momento della raccolta, nè mancano di portarvisi subito dopo le gran pioggie. Così ne’ monti Padovani, fra le vette di Venda e di Rua sogliono le fanciulle raccogliere gli Entrochi, o Asterie colonnari, che vi si trovano in quantità dopo lo squagliamento delle nevi, per gettarli sul fuoco di nascoso, e godere della sorpresa, e talvolta della paura, cui mette negli astanti il loro crepitare improvviso simile a quello del sal marino. Io mi portai due volte espressamente colassù, e ben m’avvidi dalla scarsezza della raccolta, che molte mani m’aveano prevenuto.

Il monte squarciato dall’acque della Xernovniza è di pietra arenaria, ora grigia, or azzurrognola, senza vestigj apparenti di petrificazioni. La sponda sinistra del fiumicello è dirupata, orrida, impraticabile; l’altra è coltivata, o almeno piantata di viti, e fichi particolarmente. L’insetto nemico a quest’ultima spezie di frutto v’era così prodigiosamente propagato, che su d’un solo fico poco più grande d’una noce comune io ò contato oltre settanta galle nuove, e su d’una foglia sola ne ò contato centocinquantasette; i rami poi n’erano tutti coperti.

Arrivato alla Villetta di Xernovniza, e arrampicatomi sino alla casa del Curato nello stato d’un Uomo, che aveva camminato di State in fretta, sotto la sferza del Sole ardente, all’ora di mezzo giorno, per una via ripida e sassosa, gli feci esporre dalla benemerita guida il mio desiderio, non osando farlo da per me stesso, per timore d’offendere il di lui orecchio nel pronun-