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di mano per andar a vedere la Valle di Luzzane, e il Botro detto Gipàlovo-Vrilo. In questi luoghi separati dal mare per mezzo d’una vasta catena di montagne, che à ben sedici miglia di largo, trovansi le più riconoscibili prove dell’antica sede dell’acque marine, e forse prove non meno incontrastabili dell’abitazione d’uomini sugli strati, che adesso s’internano nelle radici de’ monti.

La Valle di Luzzane è fiancheggiata da umili collinette dette Glàvize in lingua Illirica. Queste giacciono alle radici d’un alto monte petroso, e sono formate di terra marina sterile, or biancastra or azzurra, disposta in regolarissimi strati, e piena zeppa di Turbinati, e in alcun sito di Bivalvi marini candidi, lucenti, semicalcinati, esotici. Sulla superficie esteriore d’un quadrello non più largo, che quattro dita io ne ò annoverato oltre quaranta, della spezie, e grandezza medesima. Tutti gli strati però non ne ànno un’uguale abbondanza, come non sono tutti della medesima consistenza, e colore. In alcuno di essi trovasi presa dell’Alga marina, e qualche pagliuzza di carbone d’erbe bruciate. La differenza più riflessibile, che fra queste varietà di terre marine si osservi, è la massima inuguaglianza del peso. Di due pezzi eguali di volume, presi da due strati differenti, e pieni di Corpi marini quello che contiene pagliuzze di carbone pesa la metà meno, e ricorda le pomici cineree de’ Vulcani, quantunque non ne mostri al di fuori la porosità.

Quelle pagliuzze incarbonite, non sono già impregnate di bitume; elleno sfarinansi, e tingono di nero, come il carbone di paglia de’ nostri focolari. Mi risovviene d’avere osservato piccioli carboncini simili in una terra bolare verde-ferrigna, che trovasi fra le