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sopra luogo, o almeno minacciasse di farlo ad onta d’ogni difficoltà; così si scoprono le bugie. A ogni modo, la pietra di Sant’Elia merita qualche considerazione, se non pella sua bianchezza, almeno pella facilità, che trovasi nel lavorarla. Ella congiunge alla trattabilità, ed unitezza della grana la facoltà di ricevere bel pulimento. Non sarebbe la migliore pe’ lavori di primo rango: ma riuscirebbe opportunissima pelle scolture da collocarsi in luoghi men nobili, o fuori della portata d’un occhio esaminatore. Certa cosa è, che gli Antichi ne fecero uso.
Poche Iscrizioni, e niun residuo di fabbriche Romane si è conservato a Traù. Le poco importanti Lapide di questa Città sono già state pubblicate nelle Collezioni, cui gli Amatori ànno sovente per le mani: e nemmeno tutte quelle, che altrevolte vi si trovavano, vi si trovano adesso.
§. 4. Dell’Isola di Bua.
L’Isola di Bua, detta Bubus da Plinio, è per tal modo congiunta colla Città di Traù, che non mi credo permesso di separarnela, quantunque ell’abbia tanta varietà di cose osservabili, che meriterebbe di formare un articolo a parte. Le numerose abitazioni raccolte sul lido di Bua, che guarda Traù, possono degnamente portare il nome di Borgo; e formerebbero da se un considerabile paese, se la vicinanza della Città non le oscurasse. Fa però d’uopo confessare che il Borgo è assai meglio situato che la Città medesima. Ne’ tempi della decadenza dell’Impero chiamavasi Boas, e furono relegati in quest’Isola parecchi illustri Uomini caduti in disgrazia della Corte, fra’ quali Fiorenzo Maestro degli Ufizj dall’Imperatore Giuliano, Immezio da Valente, e l’Eretico Gioviniano. Fa d’uopo,