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stinano alle varie spezie di semi, o di piante. Ell’à però un guai comune a quasi tutte l’Isole di questo Arcipelago Illirico: l’acqua vi manca, e se ne risentono pur troppo sovente nella calda stagione i poveri abitatori, che veggono inaridire le loro speranze, e sono costretti a portarsi l’acqua da lontani luoghi, o a berne di pessima, e mal conservata in pozzanghere.
Il vestito degli abitanti dell’Isole soggette a Zara è molto dissimile da quello de’ contadini nostrali, e s’accosta più a quello, che usano i coltivatori delle terre del Continente vicino. Le donne però, e le fanciulle in particolare, ànno una sorte di vesti, e d’ornamenti assai vagamente ricamati. Io ò creduto che meritassero l’applicazione del mio Disegnatore (Tav. I).
Sull’Isola d’Uglian, presso alla maritima Villetta di Cale, à voluto combattere colla Natura, e vincerla il signor T. C. conte di Therry, che a dispetto della marmorea ossatura del colle riuscì a farvi delle ortaglie col metodo Italiano. Gl’insetti fannogli una guerra atrocissima; e, ad onta dell’attenzione, ch’ei vi fa usare, gli devastano pur troppo spesso i prodotti. A quelli, che volano pell’aria, si uniscono le Lumache, delle quali io non ò mai veduto altrove così prodigiosa quantità. Vi avrebbe trovato da soddisfarsi quel Fulvio Irpino, che il primo fece vivaj di Lumache nella Campagna Tarquiniese. Io non so se nell’Isola d’Uglian crescano alla maggiore grandezza come a detta di ne’ di lui vivaj facevano le Lumache Illiriche1, Ma è probabile che se vi si lasciassero propagare, e vivere tranquillamente la loro mole corrisponderebbe alla fecondità.
- ↑ Plin. Lib. IX. cap. 56.