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fiume Kerka, dopo d’aver messo foce nel Lago di Scardona, e d’avervi confuso le proprie acque con quelle del fiume Goducchia, e del torrente Jujova, che vi si scaricano anch’essi all’estremità opposta, si rincanala fra’ dirupi per tre miglia di lento corso, d’onde viene a formare sotto Sibenico un secondo Lago, che ne à ben sei di lunghezza, e si mescola poi col Mare mediante l’angusto canale di S. Antonio. I Romani ebbero uno stabilimento fra le foci de’ due fiumi Goducchia, e Jujova, di cui restano vestigj appena riconoscibili, ma non affatto dispregevoli, perchè somministrano una prova manifesta dell’alzamento dell’acque. I pavimenti a Mosaico, e le divisioni delle stanze rovinate, sono adesso ben due piedi sotto all’ordinario livello del Lago, che soffre qualche flusso, e riflusso in dipendenza dal Mare. V’è anche un lungo molo subacqueo, che congiunge la punta della penisola formata da’ due fiumi collo scoglietto Sustipanaz, su di cui com’ora trovasi una Chiesa rovinata, così altrevolte sarà probabilmente stato un Sacello, o Tempietto de’ Gentili. In una Carta del territorio di Sibenico incisa dal sopraccennato Martino Rota del MDLXXI, vedesi un gruppo d’abitazioni succedute alle Romane sulla punta che sporge nel Lago fra le due foci, che v’è nominato Razlina; il luogo adesso è affatto deserto.
Fra le poesie del Difnico v’à un elogio di Sibenico, in cui trovansi varie cose attinenti alla Storia Naturale delle acque vicine. Eccovi il tratto di questo antico Poeta Naturalista; io avrei creduto, qualunqu’egli siasi, malfatto il trascurarlo1. “Il fiume Karka,
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Karka, Koye potok — plove sve mimof Grad,
Ugnoy chiye Otok — nigdarga nebì gràd.