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ma trascurata, forse perchè soverchiamente vitriolica al gusto. Ivi, al luogo detto la Palla d’oro, sul monte Sebrù, v’è un filone considerevole di spato calcare; e pur ivi trovasi della galena di piombo, e della miniera d’argento grigia fra lo scisto argilloso e il calcare. Nella stessa montagna v’ha della malachite, del lapislazuli e della pirite arsenicale.

A mezza lega da Bormio sul pendio del monte Braglio stanno le Terme già anticamente conosciute, e celebrate dall’eloquente e dotto segretario del re Teodorico, Cassiodoro. Le acque sono abbondanti, sulfuree e calde, e sono a molti mali utilissimo rimedio. Molto frequentate son esse dai Valtellinesi e dai Grigioni; e v’accorrono anche gli abitatori della non lontana valle dell’Eugaddina, ove parlasi tuttavia e scrivesi e stampasi la lingua romanza, cioè quell’idioma che alcune legioni romane stazionate fra monti trasmisero a’ loro discendenti, che per venti secoli il conservarono in alcuni angoli dell’Inghilterra, della Spagna, della Francia e del Friuli1. Ben più frequentate sarebbono quelle terme, se ne fosse migliorata la fabbrica, onde più comodo alloggio vi trovasse lo straniere che ne ha bisogno,

  1. Planta. Philos. Transact. Vol. 66. Part. I. – Scelta d’Opuscoli Tom. III. pag. 487.