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112 Canobio, Locarno.

passato un burrone che corre su strati d’un sasso nero, si giugne a Spozio. Di là viensi a Cavaglio, e poscia discendesi a Oltrafiume e a Canobio.

La valle Canobina, che da Finero sin qui stendesi, è angusta e miserabile: uno de’ maggiori suoi prodotti è la corteccia dei querciuoli, che gli abitanti spogliano, (con danno gravissimo de’ boschi) gettandone i tronchi marcati nel fiume che li porta al lago, e vendendone la corteccia sotto nome di Rusca a’ conciatori di pelli, che in Canobio hanno antiche ed estese manifatture. Vuolsi che le pelli di capra, dette a sommaco, qui riescano meglio che altrove, per la purezza delle acque. Maccaneo, che scrivea nel secolo xv, chiama Canobio emporium mercis coriaceae; e Morigia nel secol xvi rilevò da libri di dogana che veniano da Canobio a Milano annualmente 50,000 pelli minute, e 12,000 corami grossi. Oggidì vi sono ancora le stesse manifatture, ma meno estese. V’è qui pure l’antico donnesco lavoro di merletti, come v’era allora.

Oltre le mentovate manifatture, l’uom divoto e’l curioso andranno a vedere la chiesa della Pietà eretta in occasione del miracolo d’una costa che, secondo la tradizione locale, si alzò e gettò sangue da un’immagine del Salvatore dipinta sul muro. Il disegno della