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la vestizione. 47

     Incominciare un canto, e gli parea
     Superbo nel concetto e impertinente.
     Si volta, e vede in aulica livrea
     Gente che incoccia maledettamente
     D’esser di carne come tutti siamo,
     E vorrebbe per babbo un altro Adamo.

Vedea sbiadito il nastro degli occhielli,
     E la fusciacca doventata bieca;
     Uniformi ritinte, e de’ gioielli
     Il bugiardo baglior che non accieca.
     Else e crascià riconoscea tra quelli,
     E spallette tenute in ipoteca,
     E Marchesi mandati in precipizio;
     E più visi di bue che di patrizio.

     (Qui ci vuole un certo imbroglio —
          Di sussiego e di miseria,
          E il frasario dell’orgoglio
          Adattato alla materia.
          Fatto mantice, il polmone
          Spiri vento di Blasone.

     Ma di modi arcigni e tronfi
          Non ho copia in casa mia,
          Nè un bisnonno che mi gonfi
          Di fastosa idropisia,
          E un linguaggio da strapazzo
          Ascoltai fin da ragazzo.

     Se il poetico artifizio
          Non m’aiuta a darmi l’aria
          D’uno sbuffo gentilizio,
          Colpa d’anima ordinaria.
          Proverò se ci riesco.)
          Lo squadravano in cagnesco