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PREFAZIONE.


È questa la prima volta che i Versi di Giuseppe Giusti escono in luce compiutamente raccolti e ordinati secondo la mente sua; giacchè le edizioni che se ne fecero, lui vivo, a sua insaputa, in Italia e fuori, oltre alla scorrezione tipografica che offende il lettore anche meno esperto, vanno deturpate da stranissime giunte di componimenti apocrifi.1 Ond’egli di questo abuso degli Editori altamente si querelava, e negli ultimi anni della sua vita pensava di raccogliere in un volume tutti quei Versi che egli voleva che andassero sotto il suo nome, pubblicamente rifiutando quelli che gli erano apposti, e quelli che scritti da lui negli anni giovanili, non credeva degni di se, quantunque un’indiscretezza poco amichevole li avesse tolti alla dimenticanza cui gli aveva condannati egli stesso. La morte che lo colse nel 31 marzo del 1850 gli impedì di condurre ad effetto questo suo disegno, che rimase un sacro

  1. È incredibile la negligenza, per non dir peggio, colla quale gli Editori pubblicarono i Versi di Giuseppe Giusti. Nell’edizione colla data d’Italia 1845, oltre una serie di componimenti che si qualificano come attribuiti al Giusti, ve ne ha un’altra che comprende poesie attribuitegli per isbaglio, e sono alcuni dei versi più belli che il Giusti scrivesse. Nelle due edizioni colla falsa data di Bastia 1849 e 1850, che pur s’intitolano — rivedute, corrette ed ampliate, — oltre una serie di componimenti che si confessano apocrifi, altre poesie vi si leggono col nome di altro autore. Così si provvede in Italia alla fama degli scrittori ed alla dignità delle lettere.