Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu/43


lo stivale. 19


Oh povero stivale! ora confesso,
     Che m’ha gabbato questa matta idea:
     117Quand’era tempo d’andar da me stesso,
     Colle gambe degli altri andar volea;
     Ed oltre a ciò, la smania inopportuna
     120Di mutar piede per mutar fortuna.

Lo sento e lo confesso; e nondimeno
     Mi trovo così tutto in isconquasso,
     123Che par che sotto mi manchi il terreno
     Se mi provo ogni tanto a fare un passo;
     Chè a forza di lasciarmi malmenare,
     126Ho persa l’abitudine d’andare.

Ma il più gran male me l’han fatto i Preti,
     Razza maligna e senza discrezione;
     129E l’ho con certi grulli di poeti,
     Che in oggi si son dati al bacchettone:
     Non c’è Cristo che tenga, i Decretali
     132Vietano ai Preti di portar stivali.

E intanto eccomi qui roso e negletto,
     Sbrancicato da tutti, e tutto mota;
     135E qualche gamba da gran tempo aspetto
     Che mi levi di grinze e che mi scuota;
     Non tedesca, s’intende, nè francese,
     138Ma una gamba vorrei del mio paese.

Una già n’assaggiai d’un certo Sere,
     Che se non mi faceva il vagabondo,
     141In me potea vantar di possedere
     Il più forte stival del Mappamondo:
     Ah! una nevata in quelle corse strambe
     144A mezza strada gli gelò le gambe.