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tratte dalla lingua parlata. 395


Pescar nel torbo — vale il far suo pro, occultamente aggirandosi sia nei dissidii privati come nei pubblici.

Pettegolo — si dice d’uomo di piccolo animo, pieno di curiosità puerili e chiacchierino.

Pezzotutto d’un pezzo, parlandosi d’uomo, vale persona intirizzita e stretta nelle vesti, quasi non abbia congiunture alle membra; un pezzo, senz’altro aggiunto, indica un pezzo di legno da ardere nel caminetto; pezzi diconsi pure le diverse parti che compongono una macchina: svita pezzo per pezzo ec.

Piallare — render levigata una superficie colla pialla, che è arnese da legnaioli.

Piantare una casa o una persona — vale abbandonarla, lasciarla in tronco.

Piantastecchi — arnese usato dai calzolaj per fermare con piccoli pezzetti di legno appuntato le suola delle scarpe, o per tenere unito il tacco.

Piattolone — grossa piattola, che è animale comunissimo che vive in luoghi umidi e oscuri.

Piccato — vale incaponito per puntiglio.

Picchia e mena — alla fine.

Piccinino — piccolissimo.

Piedisu due piedi, all’improvviso.

Piegaveder che piega pigliano le cose, osservare da qual parte pende la fortuna degli avvenimenti.

Pigliarla con alcuno — vale dargli la colpa di una cosa che ci offese.

Piletta — vaschetta di marmo o di pietra, nella quale si serba l’acqua santa nelle Chiese, o a capo del letto.

Pillacchere — diconsi le schizzature del fango sui vestiti e sulle scarpe; forse per analogia col seme di certa pianta così nominata, che quando è secco si attacca facilmente ai panni passeggiando sui prati.

Pioli — colonnini di pietra quali si vedono all’intorno delle piazze, ed alle porte dei palazzi.

Piovere — in senso traslato vale cadere, venire in gran copia, sia d’uomini o di cose: piovuto in un luogo vale trovatovisi a caso.

Pipare — fumar tabacco colla pipa.

Plateafar platea ad alcuno, starlo a sentire come fanno gli spettatori all’attore in teatro.

Ponsare — vale rattenere il fiato per fare maggiore sforzo. Il Vocabolario ha ponzare, ma in qualche parte di Toscana la z è mutata in s per maggior dolcezza, ed il Poeta ha seguito quest’uso.

Po’ poi — finalmente.