Piega Popolo e Re le mansuete
Voglie a concordia con aperto riso;
E il lungo ordir della medicea rete
Ecco è reciso.
Che se dell’Avo industrïoso istinto,
Strigato il laccio che vita ci spense,
Nostra virtù da cieco laberinto
Parte redense,
Tardi d’astuta signoria lasciva
La radice mortifera si schianta:
Serpe a guisa di rovo, e usanza avviva
La mala pianta.
Ma vedi come nella Mente eterna
Tempo corregge ogni cosa mortale:
Nasce dal male il ben con vece alterna,
Dal bene il male;
Nè questo è cerchio, come il volgo crede,
Che salga e scenda e sè in sè rigire;
È turbine che al ver sempre procede
Con alte spire.
Nocque licenza a libertà; si franse,
Per troppa tesa, l’arco a tirannia;
E l’una e l’altra fu percossa, e pianse
L’errata via.
Dalla nordica illuvie Italia emerse
Ricca e discorde di possanza e d’arte;
Calò di nuovo il nembo, e la sommerse
Di parte in parte.
Or, come volge calamita al polo,
Volta alla luce che per lei raggiorna,
Compresa d’un amor, d’un voler solo,
Una ritorna.