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a leopoldo secondo. 297


Piega Popolo e Re le mansuete
     Voglie a concordia con aperto riso;
     E il lungo ordir della medicea rete
                                             Ecco è reciso.

Che se dell’Avo industrïoso istinto,
     Strigato il laccio che vita ci spense,
     Nostra virtù da cieco laberinto
                                             Parte redense,

Tardi d’astuta signoria lasciva
     La radice mortifera si schianta:
     Serpe a guisa di rovo, e usanza avviva
                                             La mala pianta.

Ma vedi come nella Mente eterna
     Tempo corregge ogni cosa mortale:
     Nasce dal male il ben con vece alterna,
                                             Dal bene il male;

Nè questo è cerchio, come il volgo crede,
     Che salga e scenda e sè in sè rigire;
     È turbine che al ver sempre procede
                                             Con alte spire.

Nocque licenza a libertà; si franse,
     Per troppa tesa, l’arco a tirannia;
     E l’una e l’altra fu percossa, e pianse
                                             L’errata via.

Dalla nordica illuvie Italia emerse
     Ricca e discorde di possanza e d’arte;
     Calò di nuovo il nembo, e la sommerse
                                             Di parte in parte.

Or, come volge calamita al polo,
     Volta alla luce che per lei raggiorna,
     Compresa d’un amor, d’un voler solo,
                                             Una ritorna.