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alli spettri del 4 settembre 1847. |
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Ficcati, Abbondio; e al popolo ammirato
Di te, che armeggi e fai tanto baccano,
Urla che fosti ancor da sotterrato,
Repubblicano.
Voi, liberali, che per anni ed anni
Alimentaste il fitto degli orecchi,
Largo a’ molluschi! e andate co’ tiranni
Tra i ferri vecchi.
A questo fungo di Settembre, a questa
Civica larva sfarfallata d’ora,
Si schioda il labbro e gli ribolle in testa
Libera gora.
Già già con piglio d’orator baccante
Sta d’un Caffè, tiranno alla tribuna;
Già la canèa de’ botoli arrogante
Scioglie e raguna.
Briaco di gazzette improvvisate,
Pazzi assïomi di governo sputa
Sulle attonite zucche, erba d’estate
Che il verno muta.
«Diverse lingue, orribili favelle,»
Scoppiano intorno; e altèra in baffi sconci
Succhia la patriottica Babelle
Sigari e ponci.
Dall’un de’ canti, un’ombra ignota e sola
Tien l’occhio al conventicolo arruffato,
E vagheggia il futuro, e si consola
Del pan scemato.
Stolta! se v’ha talun che qui rinnova
L’orgie scomposte di confusa Tebe,
Popol non è che sorga a vita nuova,
È poca plebe.