Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu/301


277

STORIA CONTEMPORANEA.



Nel marzo andato, un asino di spia,
     Fissato il chiodo in certa paternale
     Buscata a conto di poltroneria,
     Fu rinchiuso per matto allo spedale.
     Dopo se’ mesi e più di frenesia,
     Ripreso lume e svaporato il male,
     Tornò di schiena al solito mestiere
     Per questa noia di mangiare e bere.

Si butta a girellar per la città,
     S’imbuca ne’ Caffè, nell’Osterie,
     E sente tutti di qua e di là,
     — Saette a’ birri, saette alle spie,
     Popolo, Italia, Unione, Libertà,
     Morte a Tedeschi, — ed altre porcherie;
     Porcherie per orecchi come i suoi
     Quasi puliti dal trentuno in poi.

Corpo di Giuda! che faccenda è questa?
     Dicea tra sè quel povero soffione;
     O io vagello sempre colla testa,
     O qui vanno i dementi a processione.
     Basta, meglio così: così alla lesta,
     Senza ficcarmi o star qui di piantone,
     Vado, m’affaccio sulla via maestra,
     E sbrigo il fatto mio dalla finestra.