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a gino capponi. 255


E chi sei tu che il libero flagello
     Ruoti, accennando duramente il vero,
     E che parco di lode al buono e al bello,
     Amaro carme intuoni a vitupero?
     Cogliesti tu, seguendo il tuo modello,
     Il segreto dell’arte e il ministero?
     Diradicasti da te stesso in pria
     E la vana superbia e la follia,
          Tu che rampogni, e altrui mostri il sentiero?

Allor di duol compunto, sospirando,
     De’ miei pensieri il freno a me raccolgo;
     E ripetendo il dove, il come, il quando,
     La breve istoria mia volgo e rivolgo.
     Ahi del passato l’orme ricalcando
     Di mille spine un fior misero colgo!
     Sdegnoso dell’error d’error macchiato,
     Or mi sento co’ pochi alto levato,
          Ora giù caddi e vaneggiai col volgo!

Misero sdegno, che mi spiri solo,
     Di te si stanca e si rattrista il core!
     O farfalletta che rallegri il volo,
     Posandoti per via di fiore in fiore,
     E tu che sempre vai, mesto usignolo,
     Di bosco in bosco cantando d’amore,
     Delle vostre dolcezze al paragone,
     In quanta guerra di pensier mi pone
          Questo che par sorriso ed è dolore!

Oltre la nube che mi cerchia e in seno
     Agita i venti e i fulmini dell’ira,
     A più largo orizzonte, a più sereno
     Cielo, a più lieto vol l’animo aspira,
     Ove congiunti con libero freno
     1 forti canti alla pietosa lira,
     Di feconda armonia l’etere suoni,
     E sian gl’inni di lode acuti sproni
          Alla virtù che tanto si sospira.