Affilare un coltello, essere accorto
Che chi l’affila non tocchi nessuno;
E un corpo maschio, defunto di corto,
Scavar di notte, in giorno di digiuno;
E tagliata e vuotata a questo morto
Ben ben la testa, dentro a uno a uno
Mettere i ceci, stando inginocchiati,
Tre volte scossi e tre volte contati.
Avere un pentolone, e a queste gore
Qua sotto, empirlo di quell’acqua gialla,
E bollirci quel capo, e che di fuore
Non vada l’acqua, Dio guardi a versalla!
A mala pena spiccato il bollore,
Da’ primi ceci che verranno a galla
Avrete il terno; e se dico bugia,
Che non possa salvar l’anima mia.
Quel dettar tutto sì minutamente,
Quel morto, quella pentola, e il gran guaio
D’aver bisogno, fece a quella gente
Girar la testa come un arcolaio;
E creduto per fede agevolmente
E rimandato libero il Merciaio,
Stillano il modo di venire a capo
D’aver in mano, e di bollir quel capo.
Di fresco era lassù morto il Curato,
E l’aveano sepolto dirimpetto
Alla porta di Chiesa, ove il sacrato
Ha una lapide antica a questo effetto.
Quel Prete, per disgrazia, infarinato
D’Algebra, se di tempo un ritaglietto
Gli concedea la Cura di montagna,
Era sempre a raspar sulla lavagna.