Vivo sepolcro a un popolo di morti,
Invano, invano dalle sante mura
Spiri virtù negli animi scontorti.
Quando per dubbio d’un’infreddatura
L’etica folla a notte si rintana,
Le vie nettando della sua lordura;
Quando il patrizio, a stimolar la vana
Cascaggine dell’ozio e della noia,
Si tuffa nella schiuma oltramontana;
E ne’ teatri gioventù squarquoia
E vecchiume rifritto, ostenta a prova
False carni, oro falso e falsa gioia;
Malinconico pazzo che si giova
Del casto amplesso della tua beltade,
Sempre a tutti presente e sempre nova;
Lento s’inoltra per le mute strade
Ove più lunge è il morbo delle genti,
Ed ove l’ombra più romita cade.
Paragona Locande e Monumenti,
E l’antica larghezza e il viver gretto
Dei posteri mutati in semoventi;
E degli avi di sasso nel cospetto,
Colla mente in tumulto e l’occhio grosso
Di lacrime d’amore e di dispetto;
Gli vien la voglia di stracciarsi addosso
Questi panni ridicoli, che fuore
Mostrano aperto il canchero dell’osso
E la strigliata asinità del core.
Tra i mille ergastoli
Di mille tinte,
Che tutta, in pagine
Chiare e distinte,