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198 gingillino.


Vent’anni dopo, un Frate Professore,
     Gran Sciupateste d’Università,
     Da vero Cicerone Inquisitore,
     Encomïava la docilità
     E la prudenza d’un certo Dottore
     Fatto di pianta in quel vivaio là,
     Dottore in legge, ma di baldacchino,
     Che si chiamava appunto Gingillino.

In gravità dell’aurea concione
     Messer Fabbricalasino si roga
     Capo Arruffacervelli; e un zibaldone
     Di Cancellieri e di Bidelli in toga
     Gli fa ghirlanda intorno al seggiolone,
     E di quell’Ateneo la sinagoga,
     Che in lucco nero, a rigor di vocabolo,
     Parea di piattoloni un conciliabolo.

Chi brontola, chi tosse e chi sbadiglia,
     Chi ride del Dottore e chi del Frate,
     Che ansando e declamando a tutta briglia,
     Con salti e con rettoriche gambate
     Circonda il caro alunno e l’appariglia
     Alle celebrità più celebrate,
     Calandosi a concluder finalmente
     Di dotta carità tutto rovente:

« Vattene, figlio, del bel numer’uno
     » De’ giovani posati e obbedïenti,
     » Oh vattene digiuno
     » Di ragazzate, di divertimenti,
     » Di pipe, di biliardi, d’osterie,
     » Di barbe lunghe e d’altre porcherie.