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182 l'amor pacifico.


Come! disse Taddeo, Carlo? davvero?
     Povero Carlo, è tanto amico mio!
     Per me ci vada pur senza mistero,
     E tanto meglio se ci sono anch’io.
     Ma eh? che capo ameno che è Carlo!
     Fa bene Veneranda a carezzarlo.

Così di mese in mese e d’anno in anno
     Amandosi e vivendo lemme lemme,
     È certa, cara mia, che camperanno
     A dieci doppi di Matusalemme.
     E noi col nostro amore-agro e indigesto
     Invecchieremo, creperemo, e presto.

O pace santa! o nodo benedetto!
     Viva la Veneranda e il suo tesoro!
     Ma in somma delle somme, io non t’ho detto
     Come andò che s’intesero tra loro:
     Se non l’ho detto, te lo dico adesso;
     Dirtelo o prima o poi, tanto è lo stesso.

Erano tutti e due del vicinato,
     Piccioni della stessa colombaia;
     E ciascuno nel mondo avrà notato
     Che Dio fa le persone e poi l’appaia;
     Che l’amore e la tosse non si cela,
     Che vicinanza è mezza parentela.

Veneranda era vedova di poco;
     Taddeo, scapolo, ricco e ben veduto;
     E una volta, a proposito d’un cuoco,
     V’era corso un viglietto ed un saluto:
     Ma fino a lì, da buoni conoscenti,
     La cosa era passata in complimenti.