Essi là là, come ragion comanda,
S’adorano da un mezzo giubileo:
L’amorosa si chiama Veneranda,
E l’amoroso si chiama Taddeo,
Nomi rotondi, larghi di battuta,
E da gente posata e ben pasciuta.
La dama infatti è un vero carnevale,
Una meggiona di placido viso;
Pare in tutto e per tutto tale e quale
Una pollastra ingrassata col riso;
Negli atti lenti ha scritto: Posa piano;
E spira flemma un miglio di lontano.
Grasso, bracato, a peso di carbone,
Il suo caro Taddeo somiglia un B:
Un vero cor-contento, un mestolone
Fatto, come suol dirsi, e messo lì.
Sbuffa, cammina a pause, pàr di mota,
Pare un tacchino quando fa la rota.
Del rimanente, vedi, tutti e due,
Oltre all’essere onesti a tutta prova,
Levato il grasso e un briciolo di bue,
Che per un grasso non è cosa nova,
Son belli, freschi, netti come un dado,
Cosa che in gente grassa avvien di rado.
Si veggono la sera e la mattina
Comodamente all’ore stabilite;
Parlan di consumé, di gelatina,
Di cose nutrïenti e saporite;
Nell’inverno di stufe, e nell’estate
Trattano, per lo più, di gramolate.