Chi visse al cibo casalingo avvezzo
Stimol non sente di sì bassa fame,
Che paghi un illustrissimo tegame
Sì caro prezzo.
La tavola per lui gioconda scena
È di facezie e di cortesi modi;
Non è, non è d’ingiuriose lodi
Birbesca arena.
Entri quel prete nella rea palestra,
Che il sacro libro, docile al palato,
Cita dove Esaù vende il primato
Per la minestra;
Rida in barba a San Marco ed a San Luca,
E gridi che il suo santo è San Secondo,
E che il zampon di Modena nel mondo
Compensa il Duca.
O v’entri il dottore! che come corbo
Si cala dello Stato alla carogna,
E colla rete delle lodi agogna
Pescar nel torbo.
Nè l’indefesso novellier s’escluda,
Bastonator d’amici e di nemici,
Famoso di cenacoli patrici
Buffone e Giuda.
Qui di lieto color brilli la guancia,
Sia franco il labbro e libero il pensiero:
No, tra gli amici contrappeso al vero
Non fa la pancia.
O beato colui che si ricrea
Col fiasco paesano e col galletto!
Senza debiti andrà nel cataletto,
Senza livrea.