Essa si spiccica
Meglio che sa,
E si divincola
Di qua e di là.
Lo sposo a latere,
Ridendo a stento,
Succhia la satira
Nel complimento;
Ma, come l’asino
Sotto il bastone,
Si piega, e all’utile
Doma il blasone.
Legato e gonfio
Come un fagotto,
Con tutta l’aria
D’un gabellotto,
Ritto a ricerere
Sta l’Usuraio:
Ciarla, s’infatua,
È arzillo e gaio,
Par che dal giubilo
Non si ritrovi.
Cogl’illustrissimi
Parenti nuovi
Si sdraia in umili
Salamelecchi,
E passa liscio
Su quelli vecchi.
Anzi affacciandosi
Spesso al salone
Grida: «Ma diavolo.
» Che confusione!