Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
139 |
LA SCRITTA.
PARTE PRIMA.
Pesa i vecchi diplomi e quei d’ieri,
Di schietta nobiltà v’è carestia:
Dacchè la fame entrò ne’ Cavalieri,
La tasca si ribella all’albagia.
Ma nuovi sarti e nuovi rigattieri
A spogliare e vestir la signoria
Manda la Banca, e le raschiate mura
Ripiglian l’oro della raschiatura.
Poco preme l’onor, meno il decoro;
E al più s’abbada a insudiciare il grado:
Che se grandi e plebei calan tra loro
A consorzio d’uffici o a parentado,
Necessità gli accozza a concistoro
O a patto coniugal, ma avvien di rado
Che non rimangan gli animi distanti,
E la mano del cor si dà co’ guanti.
Un de’ nostri Usurai messe una volta
L’unica figlia in vendita per moglie,
Dando al patrizio che l’avesse tolta
Dello fraterne vittime le spoglie,
Purchè negli usci titolati accolta
Venisse, a costo di rifar le soglie,
E colle nozze sue l’opere ladre
Nobilitasse del tenero padre.