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per il ritratto di dante. |
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Qui l’asino s’indraca
Stolidamente, e con delirio alterno
Vista la greppia poi raglia, si placa,
E muta basto dalla state al verno.
Libertà va gridando ch’è sì cara
Ciurma ozïosa, ignara,
E chi per barattare ha l’occhio aguzzo;
Nè basta Giuda a sostenerne il puzzo.
L’antica gloria è spenta,
E le terre d’Italia tutte piene
Son di tiranni, e un martire doventa
Ogni villan che parteggiando viene.
Pasciuto in vita di rimorsi e d’onte,
Dai gioghi di Piemonte,
E per l’antiche e per le nuove offense
Caina attende chi vita ci spense.
Oggi mutata al certo
La mente tua s’adira e si compiagne
Che il Giardin dell’Imperio abbia sofferto
Cesare armato con l’unghie grifagne.
La mala signoria che tutti accora
Vedi come divora
E la lombarda e la veneta gente,
E Modena con Parma n’è dolente.
Volge e rinnova membre
Fiorenza, e larve di virtù profila
Mai colorando, che a mezzo novembre
Non giunge quello che d’ottobre fila.
Qual è de’ figli suoi che in onor l’ama,
A gente senza fama
Soggiace, e i vermi di Giustinïano
Hanno fatto il suo fior sudicio e vano.