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per il ritratto di dante. |
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Ben v’ha chi sente il danno,
E chi si stringe a te, ma son sì pochi
Che le cappe fornisce poco panno:
Padre, perdona agl’intelletti fiochi,
Se tardo orecchio ancor non ha sentito
Tuo nobile ruggito;
Se fraude spiuma, se iattanza veste
D’ali di struzzo l’aquila celeste.
Io, che laudarti intendo
Veracemente, con ardito innesto,
Tremando all’opra e diffidando, prendo
La tua loquela a farti manifesto.
Se troppa libertà m’allarga il freno,
Il dir non mi vien meno:
Lascia ch’io venga in piccioletta barca
Dietro il tuo legno che cantando varca.
Maestro, o Signore,
O degli altri poeti onore e lume,
Vagliami il lungo studio e il grande amore
Che m’han fatto cercar lo tuo volume.
Io ho veduto quel che s’io ridico,
Del ver libero amico,
Da molti mi verrà noia e rampogna,
O per la propria o per l’altrui vergogna.
Tantalo a lauta mensa
D’ogni saper, vegg’io scarno e digiuno,
Che scede e prose e poesie dispensa,
E scrivendo non è nè due nè uno.
Oimè, Filosofla, come ti muti,
Se per viltà rifiuti
De’ padri nostri il senno, e mostri a dito
Il settentrïonal povero sito!