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il ballo. 107


Ma non ha cherica,
     Non ha collare;
     Devoto al pentolo
     Più che all’altare.

Caro ai gastronomi
     Per dotta fame,
     Temuto e celebre
     Per fama infame,

Narrando cronache
     E fattarelli,
     Magagne e debiti
     Di questi e quelli,

Compra se biasima,
     Vende se loda,
     E per salario
     Lecca la broda.

Gratificandosi
     Fanciulle e spose,
     Gioca per comodo;
     E mamme uggiose

E paralitici
     Irchi divaga:
     Ruba, fa ridere.
     Perde e non paga.

È l’altro un nobile
     Tinto d’ieri,
     Re cristianissimo
     Dei re banchieri.

Scansando il facile
     Prete e la scure,
     Già dilettavasi
     Di basse usure;