Tommasi, l’umor mio tra mesto e lieto
Sgorga in versi balzani e semiseri;
Nè so piallar la crosta ai miei pensieri,
Nè so star cheto.
Anch’io sbagliai me stesso, e nel bollore
Degli anni feci il bravo e l'ispirato,
E pagando al Petrarca il noviziato
Belai d’amore;
Ma una voce segreta ogni momento,
Giù dai fondacci della coscîenza,
Mi brontolava in tutta confidenza:
«Muta strumento.
» Perché temi mostrar la tua figura,
» Se nella giubba altrui non l’hai contratta?
» Dell’ombra propria, come bestia matta,
» Ti fai paura.
» I tuoi concetti, per tradur te stesso,
» Rendi svisati nel prisma dell’arte,
» E di secondo lume in sulle carte
» Torbo reflesso.
» L’indole tua così falsificando,
» Se fai d’alchimia intonaco alla pelle,
» Del tempo passerai dalle gabelle
» Di contrabbando?
» Scimmia, se gabberai le genti grosse,
» Temi l’orecchio spalancato al vero
» Che ne’ tuoi sforzi dell’inno guerriero
» Sente la tosse.
» Chi nacque al passo, e chi nacque alla fuga:
» Invano invano a volgere il molino
» Sforzi la zebra, o a farti il procaccino
» La tartaruga.