Il Toscano Morfeo vien lemme lemme
Di papaveri cinto e di lattuga,
Che per la smania d’eternarsi asciuga
Tasche e Maremme.
Co’ Tribunali e co’ Catasti annaspa;
E benchè snervi i popoli col sonno,
Quando si sogna d’imitare il nonno,
Qualcosa raspa.
Sfacciatamente degradata torna
Alle fischiate di sì reo concorso,
Lei che l’esilio consolò del Côrso
D’austriache corna.
Ilare in tanta serietà si mesce
Di Lucca il protestante Don Giovanni,
Che non è nella lista de’ tiranni
Carne nè pesce.
Nè il Rogantin dì Modena vi manca,
Che avendo a trono un guscio di castagna,
Come se fosse il Conte di Culagna,
Tra i Re s’imbranca.
Roghi e mannaie macchinando, vuole
Con derise polemiche indigeste,
Sguaiato Giosuè di casa d’Este,
Fermare il sole.
Solo a Roma riman Papa Gregorio,
Fatto zimbello delle genti ausonie.
Il turbin dell’età, nelle colonie
Del Purgatorio,
Dell’indulgenze insterilì la zolla
Che già produsse il fior dello zecchino:
Or la bara infruttifera il becchino
Neppur satolla.