160Stette l’Anglo a mirar, che si ritrasse
Impaurito dell’arcana possa
Che al ciel pareva avvicinarlo. Immota
Maria sorrise; ed ei riscosso alquanto
Dall’immenso stupor, “Montagne e valli, 165Esclamava, toccai! Tra mondo e mondo
Qual ponte hai steso, o Galileo! Ma dimmi:
Quegli aspetti son veri? O vana immago
Svia con bugiarda somiglianza il senso?”
Il Tosco rispondea: “Non hai veduto 170Come l’ombra lassù si allunghi e scemi,
Non altrimenti che far soglia in terra?
Non hai veduto alle montagne in vetta
Furtiva rosseggiar prima la luce,
Poi scender dilatata entro le valli, 175Come avviene quaggiù?” L’Anglo riprese:
“E vi son mari e fiumi? Il suol s’ammanta
D’erbe e di mèssi? Le felici lande
Sguardo rallegra d’anime viventi?”
E l’austero Geometra: “Tu chiedi 180Più che non possa mia scïenza apporti;
Nè mai giorno verrà che a tanto attinga
Intelletto mortal. Ma quando io scerno
Che abitabili piagge han Marte e Giove,
E di spirabil aëre vestita 185Iride e nembi Venere conosce,
Credibile non parmi che Colui,
Che l’ostel fabbricò, voto il lasciasse