Dell’universo salutò reina,
Stabil reina, a cui ministri intorno
Il sole si aggirassero e le stelle 80Disseminate per l’immenso vano,
Io, giusto librator, balzai di trono
E fra l’ancelle rilegai. Le toghe
Furibondi squarciâr, d’alti clamori
Assordarono i chiostri e le tribune 85I novi Scribi, a cui l’adulterato Aristotile e l’irto sillogismo
Fruttavan agi, riverenza e fama.
Me temerario novator; di Roma
Me schernitor gridarono i maligni, 90Me blasfemo e sacrilego: le genti
Teser l’orecchio abbrividendo; un motto
Poi lanciâr sul caduto e dileguaro.
Io di Roma nemico? Se di Dio
A lei cale diffondere l’onore, 95Opra feci diversa io, che nel tempio
Delle divine glorie non fumante
Cera o vile licor, ma sterminati
Gruppi di soli, pria non visti, accesi?
Io rapitor di sua corona all’uomo? 100Io che tratta di dosso al vanitoso
Una porpora irrisa, ale gli diedi
Da spazïar nell’Infinito, e gli astri,
Ultime scolte a’ limiti del mondo,
Di sua ragion sommettere al comando?