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in morte di marco antonio dalla-torre. |
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E più l’Adige stesso, per cui tolto
Il venerando frale a suol romito
120Fia dalla patria in nobil urna accolto,
Acciò che lunge dal sepolcro avito
E dall’ossa de’ Turri, inglorïose
123Quelle spoglie non copra estranio lito.
Allor voi tutte, o Naiadi vezzose,
D’Adige figlie, a piene man sovr’esse
126Nembi versate d’olezzanti rose.
Tempo verrà, che di stupore oppresse
Fermando il passo, le più tarde genti,
129Quanto a costui, diranno, il ciel concesse!
E gli scritti leggendo e i monumenti
Dell’estinto, talun serti votivi
132A’ muti appenderà Mani dormenti.
Intanto, o Ninfe, voi che i cento rivi
Dal Benaco traete, e tu che l’onde
135Devolvi, o Sarca, dagli alpini clivi;
Voi dirupi di Naco, e voi profonde
Di Briano vallee, selve cui bruna
138Ombra ravvolge di perpetue fronde,