435I cheti imperi alla ragione invade.
Arbitra non veggente il vol prescrive
All’umano pensier: spegne la lampa
Vestigatrice in man del sapïente,
E nel nome di Dio rabbuia il mondo. 440Tu lo sai, Galileo! Ma delle posse
Tenebrose di Roma e de’ tormenti
Nel tempio orditi al libero pensiero,
Già passata è stagion. Dall’officine,
Che pria vide Magonza, emulo al giorno 445Esce un fulgor che d’ignoranza i mostri
Dalla terra disperde. Agl’intelletti
Sgomentata tirannide prepara
L’ultime pugne. O d’Anglia e di Lamagna
Nobili figli, a cui men dura è morte 450Che mental servitù; se vi par lenta
La vittoria del ver; se questa inferma
E decrepita Europa con orrendo
Spettacolo di guai l’alma v’attrista,
Volate all’Oceàno. Immensa terra 455Ch’oltre il confin d’Atlante a’ dolorosi
Di tutto il mondo il Genovese aperse,
Di sue vergini selve e de’ suoi fiumi
L’alte latèbre vi dischiude. O d’oro
Troppo feconda America, che un tempo 460Allettasti il furor d’ispane belve,
Tal che squarciato ancor ne porti il fianco;
Le pietose tribù, che all’empio giogo