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284 saffo a faone.


     Quando il subito grido si diffuse,
— Saffo, il tuo ben sen fugge, — alla parola
162E alle lagrime il varco mi si chiuse.

     Mancava agli occhi il pianto; nella gola
La lingua intorpidia, finchè dell’alma
165Tutte le posse un freddo orror m’invola.

     Poi come balenò raggio di calma
All’ansio cor, le chiome io mi scompiglio
168Alto ululando, e batto palma a palma.

     Tale il sen si percote e bagna il ciglio
Tenera madre che all’accesa pira
171Porti le membra di diletto figlio.

     Carasso, il fratel mio, lieto rimira
I nostri pianti e per la casa ognora
174Importuno sugli occhi mi si gira,

     E perchè la gran doglia che m’accora
Onta mi faccia, di che geme, ei chiede,
177Costei? Non vive la sua figlia ancora?

     Ho lacera la veste e scalzo il piede;
Pur rossore non ho se il volgo intorno
180In sì misera mostra errar mi vede.