Pagina:Versi di Giacomo Zanella.djvu/296

282 saffo a faone.


     Sia che volgendo i miei vitali stami
Tal legge mi cantassero le Suore,
120Di roseo fil tessendo i miei dì grami;

     Sia che gli studi, a’ quali ho posto il core,
A lor costume informino l’affetto,
123Me già fece Talia serva d’amore.

     Che stupir se mi vinse un giovanetto
Cui l’età fresca appena il mento infiora,
126Nato a scaldar qual è più freddo petto?

     Questi io temea che tu, scherzosa Aurora,
Detto a Cefalo addio, non mi togliessi;
129Ma frenarti Titon seppe finora.

     Se tu che tutto vedi lo vedessi,
Candida Luna, come Endimïone
132Dormirebbe Faon sonni più spessi.

     E Citerea l’amabile garzone
Seco trarrebbe in ciel: ma paurosa
135Del fiero Marte evita la tenzone.

     O tra fanciullo e giovane, vezzosa
Utile etade! O candido sembiante
138Onde l’umana schiatta è glorïosa!