Una lira, lavor raro dell’arte,
Tutta d’oro e testuggine contesta
57Portava appesa alla sinistra parte.
Come innanzi mi fu, trasse da questa
Lento un preludio e sciolse all’aure un canto
60Onde anco la dolcezza in cor mi resta.
Poi che le corde seguitaro alquanto
L’inno celeste, il roseo labbro ei schiuse
63In questi detti a me nunzî di pianto:
«Salve, amore de’ numi; chè le Muse
E Bacco e Febo arridono al cantore
66In cui candide voglie il cielo infuse.
Ma la prole di Semele e le Suore
Abitatrici dell’ascrea pendice
69Dell’avvenir non leggono il tenore.
Antiveder gli eventi a me sol lice;
È di Giove mio padre inclito dono
72Se soltanto il mio labbro il ver predice.
De’ detti miei non mai fallaci il suono
Odi, o poeta; e ti riponi in seno
75Quanto io nume di Cinto ti ragiono.