Pagina:Versi di Giacomo Zanella.djvu/157


timossena 143

L’onda diffusa udìa romoreggiante
Scendere a valle. Alla gentile un gelo
150Or le vene stringea, come al cospetto
Di paventata deità. Si avanza
Ove un boschetto di mortelle adombra,
E vede la sognata ara ed Amore
Stante coll’arco e la farètra. Il volto
155Si cangiò della donna: al piè le scese
In dilatata maestà la veste,
E parve maggior farsi e più che umano
Della sua voce il suon. Pose l’incenso
Appiè del nume: si scostâr gli astanti
160In tacita corona. Or mentre l’aura
Rapìa stridendo le odorate nubi
Che ricadean bianchissime sul bosco,
Ella infocata i rai, sparsa le chiome,
E le labbra tremanti, «O di natura
165Primo sire, sclamava, o delle cose
Possente innovator, cui l’ansie madri
Del casto bacio della figlia orbate
Adorano piangendo, odimi, Amore,
Poichè sacra ti son. Non io t’invoco
170Quale sull’are di Corinto infami
Discinta la venal sacerdotessa
Forsennata t’implora. Eterea possa
Che l’universo trasformando avvivi,
Te chiamo, inclito Dio, che l’ali d’oro
175Sovra l’orme del tempo affaticando