Bruttissima, scriata, senza natiche
Né cóllo, ma confitto il capo a gli omeri:
Andando per la Terra, è gioco e favola
De’ cittadini. Oh quattro volte misero
Quel che si reca in braccio questo fulmine.
Quanti mai fur costumi e quante trappole,
Come la monna suol, di tutto è pratica;
E non le cal che rida chi vuol ridere.
Giovar non sa, ma questo solo ingegnasi
E tutte l’ore intentamente medita,
Qualche infinito danno ordire e tessere.
Ma la donna ch’a l’ape è somiglievole
Beato è chi l’ottien, che d’ogni biasimo
Sola è disciolta, e seco ride e prospera
La mortal vita. In carità reciproca,
Poi che bella e gentil prole crearono,
Ambo i consorti dolcemente invecchiano.
Splende fra tutte; e la circonda e seguita
Non so qual garbo; nè con l’altre è solita
Goder di novellari osceni e fetidi.
Questa, che de le donne è prima ed ottima,
I numi alcuna volta ci largiscono.
Ma tra noi l’altre tutte anco s’albergano,
Per divin fato, chè la donna è ’l massimo
Di tutti i mali che da Giove uscirono: