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la sera del giorno festivo

IDILLIO II




Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta in mezzo a gli orti e in cima a i tetti
La luna si riposa, e le montagne
Si discopron da lungi. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t’accolse agevol sonno
Ne le tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non pensi o stimi
Quanta piaga m’apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
Appare in vista, a salutar m’affaccio,
E l’antica Natura onnipossente,
Che mi fece all’affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d’altro
Non brillin gli occhi tuoi fuor che di pianto.
Questo dì fu solenne: or da’ trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te: non io certo giammai
Ti ricorro al pensiero. Intanto io chieggio