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XXI
E diceva tra se: che reo cammino,
Misero, è questo mai! quando a la meta,
Deh quando arriverem? Quel bue divino
A vie minor periglio Europa in Creta
Portò per mezzo il torbido oceano,
Che mi porti costui per un pantano.
XXII
E qui dal suo covil, con larghe rote,
Ecco un serpe acquaiuolo esce a fior d’onda.
Irrigidisce il sorcio; e Gonfiagote
Là dove la palude è più profonda
Fugge a celarsi, e ’l topo sventurato
Abbandona fuggendo a l’empio fato.
XXIII
Disteso a galla, e volto sottosopra,
Il miserel teneramente stride.
Fe con la vita e con le zampe ogni opra
Per sostenersi; e poi, quando s’avvide
Ch’era già molle e che ’l suo proprio pondo
Forzatamente lo premeva al fondo;