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La favilla che ’l petto oggi ti scalda,
Di poesia canuto amante. Io tutti
De la prima stagione i dolci inganni
Mancar già sento, e dileguar da gli occhi
Le dilettose immagini, che tanto
Amai, che sempre infino a l’ora estrema
Mi fieno, a ricordar, bramate e piante.
Or quando al tutto irrigidito e freddo
Questo petto sarà, né degli aprichi
Campi il sereno e solitario riso,
Nè degli augelli mattutini il canto
Di primavera, nè per colli e piagge
Sotto limpido ciel tacita luna
Commoverammi il cor; quando mi fia
Ogni beltate o di natura o d’arte,
Fatta inanime e muta; ogni alto senso,
Ogni tenero affetto, ignoto e strano;
Del mio solo conforto allor mendico,
Altri studi men dolci, in ch’io riponga
L’ingrato avanzo della ferrea vita,
Eleggerò. L’acerbo vero, i ciechi
Destini investigar de le mortali
E de l’eterne cose; a che prodotta,
A che d’affanni e di miserie carca
L’umana stirpe; a quale ultimo intento