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E P I S T O L A

A L   C O N T E   C A R L O   P E P O L I

MDCCCXXVI



Questo affannoso e travagliato sonno
Che noi vita nomiam, come sopporti,
Pepoli mio? di che speranze il core
Vai sostentando? in che pensieri, in quanto
O gioconde o moleste opre dispensi
L’ozio che ti lasciar gli avi remoti,
Grave retaggio e faticoso? È tutta,
In ogni umano stato, ozio la vita,
Se quell’oprar, quel proccurar che a degno
Obbietto non intende, o che a l’intento
Giunger mai non potria, ben si conviene
Ozioso nomar. La schiera industre
Cui franger glebe o curar piante ed erbe
Vede l’alba tranquilla e vede il vespro,
S’oziosa dirai, da che sua vita
È per campar la vita, e per se sola
La vita a l’uom non ha pregio nessuno,
Dritto e vero dirai. Le notti e i giorni
Tragge in ozio il nocchiero; ozio il perenne