O care nubi, o cielo, o terra, o piante,
Parte la donna mia; pietà, se trova
Pietate al mondo un infelice amante.
Or prorompi o procella, or fate prova
Di sommergermi o nembi, insino a tanto
Che ’l sole ad altre terre il dì rinnova.
S’apre il ciel, cade il soffio, in ogni canto
Posan l’erbe e le frondi, e m’abbarbaglia
Le luci il crudo Sol pregne di pianto.
Io veggio ben ch’a quel che mi travaglia
Nessuno ha cura; io veggio che negletto,
Ignoto, il mio dolor mi fiede e taglia.
Segui, m’ardi, mi strazia, a tuo diletto
Spegnimi o Ciel; se già non prima il core
Di propria mano io sterpomi dal petto.
O donna, e tu mi lasci; e questo amore
Ch’io ti porto, non sai, né te n’avvisa
L’angoscia di mia fronte e lo stupore.
Così pur sempre; e non sia mai divisa
Teco mia doglia; e tu d’amor lontana
Vivi beata sempre ad una guisa.
Deh giammai questa cruda e questa insana
Angoscia non la tocchi: a me si dia
Sempre doglia infinita e soprumana.