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20 | osservazioni |
« Interrogatus de ejus nomine, cognomine, patria.
« Respondit. lo mi chiamo Giacinto Maganza, e sono figliuolo di un frate, che si chiama frate Rocco, che di presente si trova in S. Giovanni la Conca, e sono Milanese, e molto conosciuto in porta Ticinese.1
« Int. Che cosa è quello che vuol dire di quello che sa.
« Resp. titubando. Io dirò la verità, è un cameriere, che dà quattro doble al giorno. - Deinde obmutuit stringendo dentes2.
« Et institus denuo a dir l’animo suo, e finire quanto ha cominciato a dire.
« Resp. È il Baruello padrone dell’osteria di S. Paolo in Compito: mox dixit, è anche parente dell’oste del Gambaro.
« Int. Che dica come si chiama detto Baruello.
« Resp. Si chiama Gian-Stefano.
« Int. Che dica cosa ha fatto detto Baruello.
« Resp. Ha confessato già, che si è trovato delle biscie e de’ veleni nella sua canepa.
« Int. Dica come sa lui esaminato queste cose.
« Resp. Il suo cognato mi ha cercato a voler andar a cercare delle biscie con lui.
« Int. Che dica precisamente che cosa gli disse detto cognato, e dove fu.
« Resp. Me lo ha detto con occasione che in porta Ticinese mi addimandano il Romano, così per soprannome, e mi disse: Andiamo fuori di porta Ticinese, lì dietro alla Rosa d’Oro ad un giardino che ha fatto fare lui, a cercare delle biscie, dei zatti e dei ghezzi ed altri animali, quali li fanno poi mangiare una creatura morta, e come detti animali hanno mangiato quella creatura hanno le olle sotto terra e fanno gli unguenti, e li danno poi a quelli che ungono le porte; perché quell’unguento tira più che non fa la calamita3.
« Int. Dica se lui esaminato ha visto tal unto.
- ↑ È da notarsi che al giorno d’oggi se un frate ha a fare con una donna lo è più alla sfuggita, per modo che difficilmente potrebbe assicurare che il figlio che possa nascerne sia suo. Se ciò anche fosse non ardirebbe di riconoscerlo, e il figlio non lo saprebbe. Conviene che allora il costume fosse più rilasciato.
- ↑ Comincia da pazzo, o vero da indemoniato.
- ↑ Un pazzo legato non potrebbe fare un dialogo più privo di senso di questo, e allora seriamente veniva scritto. L’unto malefico, secondo il romanzo del Mora, era di bava, sterco e ranno; ora, secondo il figlio del frate Maganza, era di serpenti, rospi, ecc., nodriti di carne umana; e non si sapeva allora che questi animali non mangiano carni.