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10 | osservazioni |
Su queste bugie e inverisimiglianze fu posto ai tormenti. L’infelice protestava di aver detta la verità; invocava Dio, invocava S. Carlo, esclamava, urlava dallo spasimo, chiedeva un sorso di acqua per ristoro; finalmente per cessare lo strazio, disse: mi facci lasciar giù che dirò quello che so. Fu posto a terra, e allora nuovamente interrogato rispose: io non so niente: V. S. mi facci dare un poco d’acqua; su di che nuovamente fu alzato e tormentato, e dopo una lunghissima tortura, nella quale si voleva che nominasse i deputati, egli esclamava sempre: ah, Signore, ah, S. Carlo! se lo sapessi lo direi; poi disperato dal martirio gridava: ammazzatemi, ammazzatemi: e insistendo il giudice a chiedergli, che si risolva ormai di dire la verità per qual causa neghi di conoscere i deputati della parrocchia, e di sapere che siano state unte le muraglie, rispose quell’infelice: la verità l’ho detta, io non so niente, se l’avessi saputo l’avria detto; se mi vogliono ammazzare che mi ammazzino: e gemendo e urlando da uomo posto all’agonia persistè sempre nello stesso detto, sinchè submissa voce, ripeteva di aver detta la verità, e perdute le forze cessò d’esclamare, onde fu calato e riposto in carcere.
Quale inverisimiglianza vi era mai nelle risposte del disgraziato Guglielmo Piazza? Egli abitava nella contrada di S. Bernardino, e non alla Vedra: poteva benissimo ignorare un fatto notorio a quel vicinato. Che obbligo avea quel povero uomo da saper chi fossero i deputati della parrocchia? Che pericolo correva mai egli, se gli avesse conosciuti, nel dirlo? Che pericolo correva mai se diceva pure di aver saputo che fossero state unte le muraglie alla Vedra?
Venne riferito al Senato l’esame fatto, e il risultato dei tormenti dati a quell’infelice: decretò il Senato che il presidente della sanità e il capitano di giustizia, assistendovi anche il fiscale Tornielli, dovessero nuovamente tormentare il Piazza: acri tortura cum ligatura canubis, et interpolatis vicibus, arbitrio, etc.; ed è da notarsi che vi si aggiunge abraso prius dicto Guglielmo, et vestibus curiae induto, propinata etiam, si ita videbitur praefatis praesidi et capitaneo, potione expurgante: e ciò perchè in quei tempi credevasi che o ne’ capelli e peli, ovvero nel vestito, o persino negl'intestini trangugiandolo, potesse avere un amuleto o patto col demonio, onde rasandolo, spogliandolo e purgandolo ne venisse disarmato. Nel 1630 quasi tutta l’Europa era involta in queste tenebre superstiziose.
Fa commovere tutta l’umanità la scena della seconda tortura col canapo, che dislocando le mani le faceva ripiegare sul braccio, mentre l’osso dell’omero si dislocava dalla sua cavità. Guglielmo Piazza esclamava, mentre si apparecchiava il nuovo supplizio: mi ammazzino che l’avrò a caro, perchè la verità l’ho detta; poi mentre si cominciava il crudelissimo slo-