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ridea. Così andava il legno a seconda non più della tempesta, ma di quel turgido velo, quasi fosse ben collocata antenna; nè più l’urto delle onde oltraggiava il naviglio, che sopra di quelle lievemente scorrea, come foglia caduta entro del placido ruscello. Così vediamo nel portico dell’areopago, che in quell’atto dipinta Galatea trascorre il mare. Non è d’uopo che quì si narri quanta fosse la maraviglia de’ nocchieri, perchè era così grande, che superando la espressione delle parole, ammiravano nel silenzio, tanto più rispettosi tacendo, quanto che il portento ben loro manifestava, che o Dea, o di stirpe divina doveva essere colei che tal dominio avea sull’indomita ferocia degli elementi.

Ma già appare lontano lido come lunga striscia di nebbia fosca, che sorge dal mare ceruleo, e terra terra, prorompono gridando i nocchieri non temendo di naufragio, perchè distinguono le sponde di Cipro, dove sicuro porto si offre a’ na-